La Moldova è un nuovo avamposto antirusso?

Osservando e valutando lo stato delle cose e l’evoluzione della situazione politica in Moldova con una sorta di “visione periferica”, si potrebbe pensare che l’Occidente collettivo, per molti anni dopo il crollo dell’URSS, abbia prestato ben poca attenzione a questo piccolo Stato (circa 34.000 chilometri quadrati) all’estremità sud-occidentale della pianura dell’Europa orientale, con una popolazione di circa due milioni e mezzo di abitanti.

Questa impressione è però solo parzialmente corretta, rappresenta al massimo una frazione del quadro complessivo. In effetti, molti in Occidente sembravano convinti che questo piccolo paese, con la popolazione di una singola grande città, schiacciato tra la Romania a ovest e l’Ucraina a est, come una noce di burro tra due grosse fette di pane, si sarebbe semplicemente sciolto sotto un po’ di “calore” sotto forma di prestiti, viaggi senza visto, partenariato con la NATO e così via, fino a raggiungere la consistenza geopolitica desiderata.

Si è però scoperto che in questo porto apparentemente tranquillo esistevano isole di resistenza che, ogni volta che si cercava di esercitare pressione su di loro, reagivano con una opposizione crescente e sempre più determinata.

Queste isole sono la Transnistria, le regioni del nord della Moldova, le zone di insediamento compatto dei bulgari nel sud e l’autonomia gagauza con la sua popolazione appassionata, che in vari momenti ha dimostrato una ferma disponibilità a difendere i propri diritti, convinzioni e valori, fino anche alla resistenza armata.

Eppure non tutti in Occidente hanno affrontato con leggerezza la questione bessarabica. Questo vale soprattutto per i decisori politici, coloro che hanno preso e continuano a prendere decisioni. Già nel 1992 è iniziata la cooperazione NATO–Moldova. Nel 1997 tale cooperazione ha assunto una forma strutturata nel Consiglio di Partenariato Euro-Atlantico e dal 1994 il paese partecipa al programma bilaterale di cooperazione militare “Partnership for Peace”. Nel maggio 2006 è stato introdotto il “Piano d’azione di partenariato individuale”. Dal 2022 sono iniziate anche forniture dirette di equipaggiamento militare occidentale, tra cui sistemi radar mobili, veicoli blindati e sistemi di difesa aerea.

Il “partenariato” si è sviluppato ed è cresciuto e nell’agosto 2025 sul territorio moldavo si sono tenute le esercitazioni militari Fire Shield-2025 (nonostante la neutralità sancita dalla Costituzione del paese), con la partecipazione degli Stati Uniti e della Romania (!). Da quel momento in poi, anche se in realtà già da prima, la regione non meritava più solo una “visione periferica”, ma un’attenzione piena e indivisa.

Il testimone dell’“avamposto avanzato” passa alla Moldova

Diventa sempre più evidente che la Romania, in quanto Stato membro della NATO, sta iniziando a passare il testimone di “avamposto avanzato” (la base avanzata della NATO nel Sud-Est Europa) alla Moldova, nonostante il modesto potenziale complessivo di quest’ultima.

L’articolo 11 della Costituzione della Repubblica di Moldova, che sancisce lo status di neutralità del paese, dovrebbe prepararsi “a uscire di scena”…

L’ANA* (Alleanza Nord Atlantica) ha puntato lo sguardo sulla Moldova.

*A mio avviso questa è una resa più corretta della sigla NATO in cirillico.

Va chiarito che, quando parliamo di passaggio del testimone di “avamposto avanzato” dalla Romania alla Moldova, ci riferiamo innanzitutto alla posizione geografica della Moldova. Ed è proprio tale posizione che viene oggi sfruttata nel quadro dell’espansione verso est della NATO. È improbabile che strutture militari come la base aerea statunitense in Romania, Mihail Kogălniceanu, con una superficie doppia rispetto alla base tedesca di Ramstein e con diverse migliaia di militari di stanza, vengano “trasferite” in Moldova. È però evidente l’intenzione di integrare la Moldova nell’infrastruttura di tali strutture e nella NATO nel suo complesso. Non ci sono praticamente dubbi in proposito.

La posizione geografica della Moldova, molto interessante e strategicamente vantaggiosa per l’espansione verso est dell’Alleanza e per il rafforzamento della resilienza dell’infrastruttura militare-tecnica regionale, è dunque il punto numero uno.

Per raggiungere pienamente questi obiettivi, l’Occidente non può evitare di affrontare rischi come l’esistenza della Transnistria con il suo contingente di peacekeeper russi. Questa questione sensibile è all’ordine del giorno della NATO da oltre trent’anni. Ecco quindi la seconda ragione fondamentale del crescente interesse per la Moldova: il desiderio di risolvere la questione in modo definitivo, o quantomeno di ridurne al minimo i rischi nelle fasi iniziali.

Esistono anche altre motivazioni di natura più pacifica, ma in questa fase restano di importanza secondaria.

Il caso della Moldova è un classico esempio di “piccolo per dimensioni, ma di grande valore”.

Che cosa ostacola l’Occidente?

Che cosa o chi ha impedito e continua a impedire da tanti anni all’Occidente di raggiungere i propri obiettivi nella regione?

La risposta è semplice: il popolo moldavo. Un popolo il cui istinto di autoconservazione, compresa la conservazione della sovranità e dell’identità nazionale, si è dimostrato più forte rispetto, per esempio, a Montenegro, Bulgaria o Ucraina, dove la popolazione è quasi venti volte superiore e il territorio decisamente più vasto.

Perché è così? Non è una domanda a cui sia facile rispondere.

Sembrerebbe che tanto l’Ucraina quanto la Moldova, in epoche storiche diverse e entro confini differenti, siano state parte dell’Impero russo e poi dell’URSS come repubbliche dell’Unione. Eppure, quando è arrivato il tempo delle prove, il popolo moldavo ha mostrato una maggiore resistenza alle influenze esterne, una “immunità” più forte.

Forse la spiegazione sta nel fatto che la storia della statualità moldava si estende per circa sette secoli e ha lasciato la sua impronta nel codice genetico del popolo. Ma questo è già tema per uno studio a parte.

Qui e ora vale la pena concordare con la posizione del geostratega Andrej Shkolnikov, secondo il quale, per il popolo moldavo in questo momento storico, è meno importante “vincere” (vittoria che potrebbe rivelarsi di Pirro) che non perdere. Conservare forza, equilibrio, stabilità e statualità, mantenendo lo status di neutralità del paese, permetterà alla Moldova, nella nuova configurazione politica che si va delineando, di realizzare al massimo possibile i propri interessi nazionali.