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L'Ucraina e la guerra alla religione

La guerra civile che da quattro anni prosegue in Ucraina continua a svilupparsi in tutte le direzioni, includendo il campo religioso.

Di Vittorio Nicola Rangeloni, archivio settembre 2018

Guai parlare di guerra civile alle autorità di Kiev. Secondo loro il conflitto è prettamente rivolto contro “l'aggressore russo”, ma chissà per quale motivo a farne le spese sono solamente i cittadini ucraini, eccezion fatta per qualche volontario russo che viene ferito o ucciso nelle trincee del Donbass. Ma questa è una percentuale limitata delle vittime.

Quando pensiamo al conflitto ucraino non bisogna pensare solamente alla linea del fronte dove l'esercito ucraino combatte contro le milizie ribelli di Donetsk e Lugasnsk. La guerra si sviluppa anche nelle retrovie del paese, dove nessun missile "separatista" è in grado di colpire. E questa guerra viene condotta dal governo in maniera più o meno diretta contro i suoi cittadini. Avviene mediante la repressione di coloro che osano manifestare dissenso verso la linea politica del paese. Basta un minimo sospetto per essere tacciati di separatismo e quindi essere accusati di violare gli interessi nazionali del paese. Da qui scattano arresti, oppure, quando non sussistono gli estremi legali per farlo, vengono utilizzati metodi meno ortodossi come i raid punitivi delle varie organizzazioni paramilitari composte da ragazzotti indottrinati all’artificioso nazionalismo. Di questi casi ne è piena la cronaca dei giornali che, sebbene vorrebbero, non sempre riescono a nascondere e coprire questi crimini.

Un altro atto di guerra contro la propria popolazione è l'imposizione di un'ucrainizzazione forzata nelle scuole, così come nella vita mondana: le insegne dei negozi (anche nelle città a maggioranza russofona) devono essere convertite in ucraino, i negozianti russofoni devono parlare la lingua nazionale, qualora non desiderassero subire i sopracitati raid di ragazzotti che arriverebbero a spiegare come è giusto rivolgersi alla clientela (il web è pieno di video che testimoniano queste gesta).

La repressione verso la popolazione da parte del governo si manifesta inoltre anche sul piano religioso contro la Chiesa ortodossa sotto la giurisdizione ecclesiastica del Patriarcato di Mosca, l'unica tra l'altro ad avere lo status canonico riconosciuto da tutta la comunione ortodossa orientale.

Occorre ricordare che la Chiesa russa ebbe origine proprio a Kiev nel 988 con il battesimo del principe Vladimiro e la conversione al cristianesimo della Rus' di Kiev.

Con il crollo dell'Unione Sovietica nel 1992, in seguito al rifiuto del Patriarcato di Mosca di concedere l'autocefalia alla Metropolia in Ucraina, per volere di Filaret nasce la Chiesa ortodossa ucraina, Patriarcato di Kiev, che ad oggi continua a non essere riconosciuta dalla comunione ortodossa. Il patriarcato di Kiev si è sviluppato per lo più nella parte occidentale del paese, mentre quello di Mosca nel resto dell'Ucraina, rimanendo il riferimento principale del mondo ortodosso, sia per numero di chiese e monasteri, sia per il numero di fedeli.

Con la rivoluzione ucraina del Maidan, qualcosa è cambiato. In poco tempo si sono registrate un numero impressionante di aggressioni agli esponenti del Patriarcato di Mosca ed attacchi contro i luoghi di culto, senza parlare delle diverse decine di luoghi sacri bombardati in modo mirato nel corso della guerra in Donbass da parte dei militari ucraini.

Pochi giorni fa il sito ucraino "Mirotvorets", uno schedario di tutti coloro che vengono considerati nemici dell'Ucraina con tanto di informazioni sensibili come indirizzi di casa e numeri di telefono, ha pubblicato un invito a non esitare ad aprire il fuoco contro gli esponenti della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca, qualora ce ne fosse bisogno. Secondo i patrioti ucraini "ogni soldato ucraino deve ricordarsi che i parroci russi o prorussi sono unità combattenti dell'aggressore russo e loro non rappresentano nulla di sacro. Sotto il loro abito si può celare un fucile".

Il "Mirotvorets" — che tradotto significa "pacificatore", ma che evidentemente con questo concetto non ha nulla a che fare — non è un sito ufficiale, supportato indirettamente da personaggi di spicco del governo di Kiev, ma la storia ha dimostrato che non è uno strumento da sottovalutare. Basta ricordare il caso del giornalista Oles Buzina, ucciso nei pressi di casa sua nel marzo 2015 due giorni dopo che il suo indirizzo era stato pubblicato sul "Mirotvorets".

Nei giorni successivi alla dichiarazione apparsa su questo sito, come riportato dall'agenzia RIA Novosti, a Kiev "nella notte del 14 marzo degli sconosciuti hanno dato fuoco ad una costruzione di proprietà della Chiesa Ortodossa sotto il Patriarcato di Mosca". Il 10 marzo, come riferito dalla Metropolia di Kiev (Patriarcato di Mosca), degli sconosciuti hanno appiccato il fuoco ad una cappella di legno. Non sono casi isolati. Il 3 febbraio a Leopoli bruciava la chiesa di San Vladimiro. Nell'incendio sono andati distrutti 100 metri quadri di tetto, il pavimento e l'archivio della chiesa. Il 10 gennaio nella regione di Odessa un gruppo di persone riconducibili alle formazioni nazionaliste ha promosso una manifestazione antireligiosa di fronte alla Chiesa della Santa Protezione, assantandola e depredandola.

Due giorni prima i militanti del gruppo radicale C14 hanno presidiato l'ingresso alla Kiev-Pecherskaya Lavra, uno dei monasteri più antichi ed importanti nella cultura ortodossa, accusando i parroci di essere agenti dell'FSB (Servizi segreti russi) e che "il luogo sacro ucraino sia stato occupato dal nemico".

In seguito alla rivoluzione del 2014 le formazioni radicali d'Ucraina si sono ingrandite, diventando il braccio armato delle autorità ucraine per quanto riguarda questo tipo di lavori sporchi. Azioni chiaramente illegali che non si potrebbero fare impiegando, ad esempio, la polizia. Gli attacchi sono continui e per la maggior parte delle volte non vengono mai individuati i responsabili, nonostante le rivendicazioni delle formazioni estremiste.

Negli ultimi tre anni oltre 50 chiese della Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca in Ucraina sono passate sotto la giurisdizione del patriarcato di Kiev. Questo avviene in seguito a pressioni e minacce e come spesso denunciano i parroci, le forze dell'ordine preferiscono non intervenire.

Religione o politica? Vadim Novinskij, deputato del partito "Blocco Opposizione" in un'intervista al canale televisivo 112 Ucraina ha affermato che "la cosiddetta Chiesa ortodossa d'Ucraina del Patriarcato di Kiev è un'organizzazione politica con una denominazione religiosa. Una sorta di reparto dell'ammministrazione presidenziale".

Nel maggio del 2017 il governo ucraino aveva provato ad assumere il pieno controllo di tutto quel che riguarda la religione con il progetto di legge N.4511 riguardante "lo status speciale delle organizzazioni religiose aventi i centri direttivi negli stati riconosciuti come aggressori". L'approvazione di questa legge avrebbe dovuto costringere la Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca a stipulare un accordo con il governo di Kiev che avrebbe vincolato la nomina dei vertici ecclesiastici nazionali e regionali solamente in seguito all'approvazione del governo, mentre l'approvazione dei predicatori sarebbe potuta avvenire solo dopo il consenso del Ministero della Cultura. Insomma, un ricatto. Qualora questi requisiti fossero stati violati, il governo di Kiev avrebbe avuto la possibilità di bandire l'istituzione religiosa dal paese. Dopo molte critiche e per paura di grandi rivolte, il progetto di legge è stato accantonato.

Al governo ucraino farebbe comodo il monopolio della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev, istituzione attraverso la quale veicolare verso i fedeli la propria linea politica per voce del patriarca Filaret. Forse non tutti si conoscono questa persona, e credo che per far capire di cosa stia parlando sia giusto ricordare quanto il vertice del patriarcato di Kiev commentò la situazione del conflitto in corso affermando che "la guerra nel sudest dell’Ucraina è la punizione divina scagliata contro i senzadio del Donbass". "Non bisogna pensare che la popolazione del Donbass non abbia colpe in quel contesto di sofferenze. E' colpevole! E le loro colpe le sconteranno a lungo con sofferenza e sangue ", disse Filaret. E sapete in cosa consisterebbero queste colpe secondo lui? "Hanno commesso il peccato di essere andati a votare al referendum".

L'Ucraina attuale ha tutte le carte in regola per essere definita un regime totalitario che cerca di controllare le sfere sociali, private e spirituali dei cittadini, nonostante i suoi partner occidentali, ossia i nostri rappresentanti istituzionali, continuino a raccontare di progressi democratici nel paese.
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